Amedeo Fiorese (da "I giudizi di Sgarbi - 99 artisti dai cataloghi d’arte moderna e dintorni"- Ed. G. Mondadori, 2005)
L’interesse
della sperimentazione iconografica e plastica di Amedeo Fiorese sta nella sua capacità di realizzare forme ardite concave e convesse,
in un gioco di rapporti volumetrici e di tensioni, mirando all’essenza di combinazioni stilisticamente impegnate e significative.
La costruzione spaziale e le formalità contenutistiche delle sue opere provengono con evidenza dalla ricerca sviluppata nel secondo
dopoguerra, che precisava le sue intenzionalità estetiche organizzando una forma che, da una parte, era stilisticamente apollinea
e, dall’altra, architettonicamente funzionale. Per parte sua Fiorese non lascia nulla al caso in questa sua esasperazione dell’informale,
coniugando la sua creatività all’interno di un’astrazione pura, gradevole e semplificatrice. La sua idea plastica non nasce da una
istintualità manuale, ma dalla progettazione architettonica condotta da una validissima ricerca visiva. Volendo verificare la qualità
estetica e funzionale dei materiali utilizzati nelle sue opere, notevole è la scelta inusuale della maiolica platinata o dorata, che
ha parvenze superficiali metalliche ma che suggerisce una plasticità quasi liquida, mentre l’uso del semigrès dorato e ramato sembra
assumere le valenze aeree e scultoree del legno. Più solenne e ponderosa è la qualità del bronzo, da cui l’artista sa pure trarre
geometrie essenziali. Guardando all’astrazione con allusioni al simbolismo naturalista, questo prezioso manipolatore di forme sa trovare
accenti armonici e poetici. Evitando di stabilizzarsi sull’impressione figurale per realizzare piuttosto soluzioni volumetriche ariose
e profondamente segnate da scansioni e fenditure, egli argomenta e propone conclusioni quanto mai personali. Dove piega la materia
a circoscrivere una figura riconoscibile in quanto sintesi iconica di una gestualità che si espande nello spazio, egli immette nella
sua risoluzione formale un tratto carezzevole che rende la massa scultorea padrona del vuoto che la circonda, salvaguardando la qualità
ritmica di una visione otticamente allusiva. Nel superamento delle intrinseche qualità decorative della maiolica egli mette in opera
una riflessione progettuale e plastica, ottenendo raggiungimenti razionali e vitalistici che mettono in luce potenzialità inattese.
Nel caso poi della maiolica, la sensibilità dell’artista si coniuga a un’antica sapienza artigianale, che è poi la precognizione dei
risultati che si ottengono dopo l’elaborazione alchemica della materia plasmata. Queste figure di Fiorese presentano una loro stilizzazione
fantasiosa, dove le valenze estetiche si propongono all’interno di un rapporto compositivo fra le immagini e la tensione dinamica
che le allunga e le allarga in ardite distorsioni musicali. La figurazione si scioglie così in una mobilità ampia, armonica e persino
preziosamente sacrale. Quando la materia specchiante segna intenzionalmente la pelle scultorea di cromie proprie e riflesse, la visione
dei ritmi curvilinei si traduce in linguaggio pittorico, e i solchi lineari in tracce segniche e narrative. In questa scultura fra
l’astratto e l’allegorico la tessitura spaziale può a volte anche tratteggiare giochi di luce che esplorano profondità nascoste, acquisendo
le valenze classiche del tutto tondo. Qui l’armonicità dei tagli di superficie e l’asprezza segnica di certi orli si arricchiscono
di nuove valenze allusive. Questi lavori di Fiorese sono animati soprattutto da una naturale e fluida delicatezza, che sembra tratteggiare
la mappa di un continente arcaico, attuando forme visive che sembrano nascere dall’invenzione di un alfabeto criptico.